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«TUTTI A CASA», LUIGI COMENCINI, IT 1960
14.01.2013 - 27.05.2013
Centro scolastico Collina d'Oro / Montagnola

Commedia all'italiana

I classici da non perdere

Assaggi di cinema, II edizione

 

La prima edizione di Assaggi di cinema, dedicata al rapporto tra cinema e cibo, era iniziata con la proiezione di "I soliti ignoti", considerato da molti critici il punto di inizio della vera e propria «commedia all’italiana». Ci è parso quasi naturale dunque, continuare il nostro percorso di Assaggi di cinema con alcuni dei migliori capitoli di questo grande momen­to del cinema italiano.


Più che un vero e proprio genere, come potrebbe essere il western o il thriller, il termine indica un periodo in cui in Italia venivano prodotte principalmente commedie brillanti, spesso caratterizzate da una sostan­ziale amarezza di fondo che stempera i contenuti comici. Il genere della «commedia all’italiana» si discosta infatti nettamente dalla commedia leggera e disimpegnata e dal filone del cosiddetto neorealismo rosa, poiché, pur partendo dal neorealismo si basa su una scrittura più aderente alla realtà. Così, accanto alle situazioni comiche e agli intrecci tipici della commedia, troviamo sempre una pungente e talvolta amara satira di costume, che riflette l’evoluzione della società italiana di quegli anni. Sono per l’Italia gli anni del boom economico, in cui ebbe luogo un mutamento radicale della mentalità e anche del costume sessuale degli italiani, la nascita di un nuovo rapporto con il potere e con la fede, la ricerca di nuove 

forme di emancipazione economica e sociale.


Il successo dei film è legato sia alla presenza di una intera generazione di grandi interpreti, che seppero incarnare magistralmente i vizi e le virtù degli italiani dell’epoca, sia all’attento lavoro di registi, soggettisti e sceneggiatori, che riuscirono a trovare ispirazione fra le pieghe di una società in rapida evoluzione e dalle molte contraddizioni.


Tra gli attori, i principali rappresentanti sono senza dubbio i «magnifici cinque» Alberto Sordi, Vittorio Gassman, Marcello Mastroianni, Nino Manfredi e Ugo Tognazzi, mentre tra i registi, oltre all’incontrastato Re Mario Monicelli, è giusto citare Pietro Germi, Antonio Pietrangeli, Ettore Scola, Dino Risi e Luciano Salce. Abbiamo iniziato l’anno scorso con Monicelli, ci sembra giusto chiudere questo anno ancora con Monicelli, 26 anni dopo…

 


 

 

Dopo l’8 settembre 1943 un sottotenente ligio ai superiori (Sordi), in mancanza di ordini non riesce a tenere unito il suo reparto che, spinto dal desiderio di tornare a casa, se la svigna. Restano con lui il sergente Fornaciari (Balsam) che vuole raggiungere la sua casa poco distante e il soldato semplice Ceccarelli (Reggiani) che non se la sente di fuggire da solo dovendo raggiungere Napoli.


La traversata da nord a sud dell’Italia, flagellata dalla guerra e in preda all’anarchia, lo fa maturare. Fusione ben temperata di comico, grottesco, drammatico e patetico: una storia corale con Sordi meno mattatore del solito. Sotto le mentite spoglie di una commedia, il film è sostanzialmente un racconto a tesi, quello della scelta che ciascuno è chiamato a fare almeno una volta nella sua vita.


È forse il miglior film di Luigi Comencini, una delle rare mediazioni felici tra neorealismo e commedia italiana, grazie all’apporto di Age & Scarpelli in sceneggiatura. Il ministro Giulio Andreotti rifiutò di mettere a disposizione due carri armati, che furono così costruiti in compensato. Prodotto da Dino De Laurentiis, fu uno dei grandi successi di quegli anni, incassando più di 1 miliardo di vecchie lire del 1960.

 


 

 

In una cittadina siciliana vive il barone Fefè Cefalù, coniugato da dodici anni con Rosalia, una donna ormai bruttina ma ardente d’amore per lui. Nel frattempo, è innamorato della propria cugina, la sedicenne Angela: la legge italiana non ammette il divorzio, ma è ancora previsto il delitto d’onore, molto frequente in Sicilia. Fefè tenta allora di trovare alla moglie un amante, per poterli sorprendere insieme, ucciderli, e usufruire del beneficio del motivo d’onore. Non ci riesce, ma la sorte gli viene incontro: in seguito a un litigio con il marito, Rosalia cerca conforto in un suo vecchio spasimante, Carmelo Patanè, creduto morto in guerra e poi tornato. Fefè, venuto a sapere della vecchia relazione, favorisce gli incontri e spia i potenziali adulteri. 

 

Finché un giorno scopre che si sono dati appuntamento in occasione dell’arrivo in città del film "La dolce vita". Il barone va al cinema, ma nel mezzo della proiezione rincasa allo scopo di sorprendere gli amanti, che però, anziché consumare il tradimento, fuggono. Venuta a mancare la flagranza, che avrebbe giustificato il delitto d’onore, Fefè si finge malato e incapace di reagire, attirandosi così il disprezzo di tutti i concittadini. Grazie al boss locale, viene a conoscenza del luogo dove sono nascosti i fuggiaschi. Giunto sul posto, trova Immacolata che ha già vendicato il suo onore uccidendo il marito Patanè. Non gli resta che fare altrettanto con Rosalia. Condannato a tre anni di carcere, sconta una pena inferiore beneficiando di un’amnistia, e torna in paese dove finalmente sposa Angela.

 


 

 

A Roma, la mattina del Ferragosto 1962 la città è deserta. Bruno Cortona, quarantenne vigoroso ma nullafacente e cialtrone, amante della guida sportiva e delle belle donne, vaga alla ricerca di un pacchetto di sigarette e di un telefono pubblico. Lo accoglie in casa lo studente di legge Roberto Mariani, rimasto in città per preparare gli esami. Dopo la telefonata, Cortona chiede a Mariani di fargli compagnia: i due, sulla spinta dell’esuberanza e invadenza di Cortona, intraprendono un viaggio in auto, a velocità sostenuta, che li porterà in direzione della Toscana, raggiungendo mete occasionali sempre più distanti. Durante il viaggio verso il nord e verso il mare, arriveranno anche a far visita ad alcuni parenti di Roberto prima e alla figlia ed ex-moglie di Bruno poi.


Il giovane Mariani sarà più volte sul punto di abbandonare Cortona, ma vuoi il caso, vuoi un’inconfessabile attrazione unita ad una mascherata arrendevolezza, terranno unita la coppia di amici. Questo viaggio significherà per Roberto un percorso di iniziazione alla vita. Egli infatti si allontana dai miti e dai timori adolescenziali e inizia la rilettura delle sue relazioni familiari, dell’amore e dei rapporti sociali, sino alla conclusione tragica che si verifica durante l’ennesimo sorpasso avventato: l’auto si scontrerà con un camion e Mariani stesso perderà la vita.

 


 

 

Tratto dal racconto "Una ragazza di nome Francesca" di Enrico La Stella, è il ritratto di un industrialotto milanese che viene, suo malgrado, educato dal confronto con una esponente della giovane generazione.
Quarantenne dinamico, autorevole, sicuro di sé, Antonio Berlinghieri capita per caso in mezzo a un gruppo di sedicenni in vacanza. L’età, la strada fatta, la riuscita nella vita, lo inducono ad assumere subito un atteggiamento protettore, di chi la sa lunga, di chi ha sempre la meglio, ma presto il suo tono cambia perché quei sedicenni non solo non si fanno intimidire dalla sua disinvoltura di società, ma non tardano a metterlo k.o. con la loro indifferenza per le buone maniere (pur essendo figli di gente «bene»), con la loro brutalità verbale, la facilità estrema con cui sanno fare tutto, la mancanza di remore e di freni e, soprattutto, un linguaggio, un modo di vedere il mondo, una gamma di sentimenti completamente diversi dai suoi, quasi vivessero in un altro pianeta.

 


 

 

La storia vede protagonista Adriana (Stefania Sandrelli), ragazza di provincia che vuole farsi strada nell’ambiente romano dello spettacolo e allo scopo non esita a usare il proprio fascino e il proprio corpo. La sua ricerca la porterà a conoscere numerosi personaggi che con maggiore o minore fortuna fanno parte di quel mondo. Le continue meschinità e umiliazioni subite la condurranno a un tragico finale da suicida.

 

Lo stesso titolo rievoca in chiave amaramente ironica lo stato di solitudine nel quale viene a trovarsi la giovane ragazza, circondata da tante persone che millantano di conoscerla bene ma che provano soltanto a sfruttarne le qualità artistiche o presunte tali, salvo poi dimenticarsi di lei.


Il film, anticipando il fenomeno del musicarello, da cui tuttavia si discosta, propone numerose canzoni del momento, per il cui successo il film è un buon veicolo: diversi brani sono proposti in versione quasi integrale e non solo come sottofondo, arrivando anche a costituire la colonna sonora di piani sequenza privi di dialogo.

 


 

 

Gianni, Antonio e Nicola sono tre partigiani divenuti amici durante i giorni della guerra di liberazione che, dopo la fine del conflitto si dividono: Nicola ritorna a Nocera Inferiore dove svolge la professione di insegnante, Antonio a Roma dove riprende il lavoro di portantino in un ospedale, e Gianni a Pavia per terminare gli studi di legge.


Qualche tempo dopo, Gianni e Antonio si ritrovano casualmente in una trattoria di Roma. Gianni è ora un avvocato tirocinante, mentre Antonio si è fidanzato con Luciana, aspirante attrice della provincia udinese conosciuta in corsia. Gianni è ambizioso, ma con i piedi per terra. Tradisce il suo amico, portandogli via proprio Luciana, ma il suo arrivismo lo porta a cogliere l’occasione di lasciarla per Elide, figlia semianalfabeta di Romolo Catenacci, ex capomastro rude, disonesto e senza scrupoli. Diventerà anche il suo avvocato, aggirando la legge al fine di proteggerne i loschi affari. Elide, nonostante gli sforzi di diventare una persona colta ed elegante per compiacere il marito, trova la morte in un incidente stradale in odore di suicidio. Abbandonata da Gianni, avuto poi un breve flirt anche con Nicola, Luciana tenta quindi il suicidio, soccorsa in extremis da Antonio, che però respinge, rompendo i legami con i tre amici.
Escluso dall’insegnamento, Nicola lascia Nocera Inferiore, per cercare fama a Roma in campo culturale. Tenta anche la fortuna a Lascia o raddoppia, perdendo in extremis il massimo della somma messa in palio, per poi tirare a campare firmando articoli di cinema con lo pseudonimo di «Vice».

 


 

 

Giulio Basletti è un metalmeccanico milanese, sfegatato attivista sindacale e tifoso del Milan. Quando incontra Vincenzina, una ragazza che diciassette anni prima aveva tenuto a battesimo a Montecagnano in provincia di Avellino e che è venuta a vivere a Milano, se ne innamora e decide di sposarla. Presto nasce un figlio, e Vincenzina resta in casa ad accudirlo.


A seguito di una manifestazione di piazza, Giulio conosce Giovanni, un giovane poliziotto del Sud ferito negli scontri, che diventa suo amico e comincia a frequentarne la casa. Tra Giovanni e Vincenzina nasce inevitabilmente una storia d’amore, e quando Giulio li scopre, dapprima cerca di controllarsi, dopo aver ricevuto una lettera anonima (in realtà scritta dallo stesso Giovanni) perde però le staffe: manda fuori casa moglie e bambino e tenta il suicidio. Cambia però idea e decide di vendicare il proprio onore, uccidendo Giovanni.

 

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